Abbiamo chiesto a Sandro Bocci, autore del time-lapse “Meta” 3.1/km2 premiato ieri come video del giorno, di parlarci un po’ del suo progetto.
Perché partire, e perché proprio l’Islanda?
La scelta di partire è nata in un momento particolare, quando sentivo ormai un irrefrenabile
bisogno di una nuova esperienza e in qualche modo di fuggire da una routine già demolita
con la critica ma non con le azioni.
Cercavo lo spazio ed il silenzio per seguire meglio le mie mappe. E’ stata come una prova di superamento della velocità di fuga, quel limite che una volta oltrepassato ti rende invulnerabile alla gravità.
Tendo a spiegare le cose con concetti scientifici nonostante la mia conoscenza solo intuitiva e marginale di certi aspetti, credo che il motivo sia dettato dal fatto che molti dei miei pensieri resterebbero inspiegabili senza l’ausilio di certe materie.
Un vero viaggio di là del mondo, insomma..
Il progetto “Meta | 3,1/Km2” è stato come la nave per Ismael di Moby Dick nel mio Viaggio al Centro della Terra.
La bussola ad ispirazione non avrebbe funzionato senza un’ideale su cui basare quello che è stato un periodo denso e stravolgente. Fallito il tentativo di mirare ad un idea, mi sono lasciato guidare da un ideale e devo dire che a prescindere dal risultato è stata una bella mossa.
La meravigliosa e difficilmente inquadrabile espressione terrestre delle geometrie non euclidee presenti dove la natura non è nascosta dal cemento dell’uomo o come nel caso specifico, dove è impossibile anche solo pensare di farlo.
Le forme frattali che in Islanda esplodono nel loro splendore, sono state l’oggetto che più mi ha influenzato nella ripresa del progetto.
Attrezzatura usata per realizzare i timelapse
Da quando ho iniziato ad accumulare esperienze per riuscire a sperimentare l’espressione visiva, dalla cattura alla produzione, ho basato le scelte tecniche su attrezzature che non avrei dovuto in qualche modo sdebitare accettando lavori per i quali non ho nessun interesse.
Sommando questo alla mia scarsa propensione per il “vendersi” ed alle mie limitatezze economiche non ho potuto far altro che sfruttare al meglio quello che avevo a disposizione.
Tutte il girato e gli oltre 15000 scatti per i timelapse sono stati realizzati con una Panasonic GH2 in prestito. Ho utilizzato anche una GoPro per le sequenze on board sulla macchina e riprese “in ammollo” nelle acque geotermali.
Ho sempre avuto la necessità di sentirmi totalmente libero, perché per me è l’unico modo esprimermi. Seguendo questo stimolo ho deciso di partire da solo con in mente un idea piuttosto evanescente ispirata alle mie passioni per il cinema la letteratura e la musica, che in certi casi convergono.
Quale opera ti ha in qualche modo più ispirato?
A livello cinematografico l’opera che più mi ha dettato una sorta di linea è sicuramente “Spirit of Baraka” di Ron Fricke. Grazie a questo film, con le dovute restrizioni economiche e di esperienza, ho pensato di poter realizzare un’opera scritta esclusivamente dalle vibrazioni di quella che chiamo la mia cassa di risonanza, senza sceneggiatura, attori o tutto quello che avrebbe in qualche modo vincolato il progetto ad altre risorse. Un documentario gonzo potrebbe essere la definizione più appropriata.
La colonna sonora è davvero unica: parlacene
Il corpo del lavoro è il collegamento invisibile tra la musica originale e le immagini.
Sono sempre stato appassionato di colonne sonore ed al mio ritorno ho scoperto con piacere che questa idea iniziava a funzionare, calamitando autonomamente alcuni musicisti a me vicini ed in sincronia con certe frequenze.
Nel giro di pochi giorni sono nati due brani, quelli presenti nei trailer che ho caricato su Vimeo.
Il secondo, che comprende esclusivamente una selezione di parte dei timelapse, è basato sul
suono di una fumarola registrato sul campo.
Il mio tentativo in questa fase di montaggio sarà quello di far fluire le immagini, provando insieme ai musicisti a far dettare una rotta emotiva dalla musica, con l’intento di evitare per quanto possibile che il tutto si riduca ad una semplice sequenza di “belle” riprese.
Volendo condividere alcune immagini preventivamente ho dovuto scegliere un titolo e “Meta | 3,1/Km2” (con Meta che sta per al di là e 3,1/Km2 per “misantropia”) mi è sembrato il più adatto.
Numeri e statistiche del progetto
Riguardo ai timelapse, ne ho realizzati più di 70 in circa un mese e mezzo di permanenza. Ho viaggiato per quasi 9000 km, dormito e mangiato quando capitava (non ne sentivo alcun bisogno), seguendo la cartina ed il sole che mi girava intorno.
Il viaggio è durato 6 settimane durante i mesi di giugno e luglio. Il fatto che il sole non tramonti mai in questo periodo, oltre ad essere una situazione affascinante per via dei colori che cambiano in continuazione, permette anche di avere il doppio del tempo disponibile per lavorare.
24 ore senza la possibilità di registrare qualcosa di scontato. Dagli animali selvaggi ai paesaggi impensabili. Ho rischiato di svenire per stanchezza ed in questi casi i limiti delle batterie mi hanno salvato la vita, ma allo stesso tempo limitato di molto la possibile durata e gli sviluppi dei timelapse.
Il clima islandese non è certo dei più prevedibili, no?
Il clima è stato come previsto molto variabile, ma mi ritengo fortunato per aver evitato le giornate peggiori scappando involontariamente da una parte all’altra.
Ad esempio il 21 giugno, giorno del solstizio d’estate, mi trovavo a Husavik all’altezza del 66° parallelo. Non c’è stata una sola nuvola per due giorni ed ho potuto ammirare il sole di mezzanotte in uno dei posti più belli che abbia mai visto.
Negli stessi giorni a sud, nella zona di Reykjavik, dove avevo un appartamento in affitto, si era scatenata una tempesta di pioggia.
Ad un certo punto queste strane coincidenze si ripetevano così spesso che ho pensato che qualcosa mi stesse accompagnando o che comunque mi trovassi nelle giuste “corde”. A proposito di Reykjavik è una città splendida dove ho avuto il piacere di conoscere delle persone molto generose ed interessanti.
Tornando al clima, il vento è stato quasi sempre presente e questo ha sicuramente reso le cose molto difficili, ma in compenso si potevano vedere movimenti e forme molto particolari nel cielo.
Essendo una terra relativamente giovane e non imbrigliabile dall’uomo, mi è capitato spesso di ammirare cambiamenti tanto da farmi dubitare ogni volta che ripassavo nelle stesse zone di esserci già stato, magari il giorno prima.
Le strade non asfaltate (la maggior parte) sono fantastiche, dai deserti di cenere a quelli di sabbia, da labirinti tracciati nei campi di lava a quelle costiere lungo i fiordi a strapiombo sull’oceano.
n’altra cosa meravigliosa sono i trekking presenti ovunque ed il rispetto per la natura che raggiunge livelli che non avevo nemmeno immaginato prima di questa esperienza.
Mi è capitato di vedere laghi sparire nel giro di una settimana, fiumi senza argini e minerali che dipingevano intere catene montuose come nella famosa zona di Landmannalaugar, ma se devo dirne solo uno, il luogo più magico per me è stato il Lakagigar.
Una catena di crateri lineari lunga 25 km che nel diciottesimo secolo ha generato una delle maggiori eruzioni della storia.
Un paesaggio lunare sconfinato, dove ho avuto la fortuna di poter realizzare alcune riprese e timelapse oltre che a godermi un spettacolo post-apocalittico impressionante in completa solitudine e stato di grazia.
Alcuni dei posti che si vedranno nel film sono raggiungibili solo dopo diverse ore di trekking e
con lo zaino pieno ed il treppiedi è stato un bell’esercizio fisico.
Un film di sequenze time-lapse
I timelapse sono una parte importante nel film, sono sequenze dalla durata variabile tra i 10 ed i 25 secondi e copriranno una parte importante, non solo di raccordo, del film che avrà anche delle sequenze in slow motion ed a velocità normale.
Trascorrere sei settimane in un posto del genere, con l’occhio e la mente volti quasi sempre alla cattura di certe emozioni è stata una scuola unica che in certi momenti mi ha fatto sentire veramente fuori dal tempo.
Cos’è per te realizzare un time-lapse?
Per me i timelapse sono una possibilità espressiva meravigliosa ma che richiede molto tempo, per questo hanno bisogno di molta abnegazione per essere realizzati in una società stressata come la nostra, ma realizzarli significa anche dare voce ad uno spazio e sottrarsi alla percezione normale del tempo.
Grazie, Sandro!
Voglio ringraziare personalmente Sandro per il tempo dedicato a raccontarci il suo progetto, e faccio a lui un gigante “In bocca al lupo!” da parte dell’intera community di Time Lapse Italia.